Con la sua fluidità e trasparenza, l’acquerello sembra davvero magico. Spesso considerato una tecnica “facile”, richiede in realtà tanto studio.
In questa guida, ti racconterò come si usano gli acquerelli un passo alla volta, mettendoti a disposizione tutte le informazioni necessarie per iniziare a cimentarti con questa bellissima tecnica, dalla scelta degli strumenti ai metodi di base. Iniziamo!
COME SI USANO GLI ACQUERELLI
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INDICE (clicca per espandere)
PARTE 1: INTRO
1. Il fascino dell’acquerello: perché impararlo?
“L’acqua è come la tela bianca di un pittore pronta a trasformarsi in un capolavoro.” diceva il pittore francese J.A.D.Ingres, celebrando la potenza dell’acqua. Acqua come acquerello, una tecnica ricca di fascino. Nel darti il benvenuto a questa guida su come si usano gli acquerelli, chiediamoci innanzitutto: Perché mettersi a studiarla? Se sei qui, magari un’idea ce l’hai già, ma ecco qualche spunto.
- È una tecnica versatile, adatta a tanti stili diversi, dall’urban sketching, al realismo, a stili più immediati ed “espressivi”.
- Non ha un costo esorbitante e, a differenza di altre tecniche, non richiede prodotti o sostanze specifici per la diluizione (in gergo “medium”).
- Grazie alla sua facile miscelabilità, ti può insegnare molto sulla teoria del colore.
- È facile da portare in viaggio.
- Porta con sé tutta l’energia dell’acqua, rilassante e meditativa, ma anche vibrante, zampillante.
Lo sapevi che…
l’acquerello è l’unica tecnica che dà origine ad un nome utilizzato per indicare le persone che ne fanno uso? Infatti, il termine “acquerellista” viene spesso utilizzato in aggiunta a “pittore”/”pittrice” o anche come unico termine per definire l’attività artistica della persona!
2. Viaggio dentro gli acquerelli
Di cosa sono fatti gli acquerelli? In sostanza, sono fatti di due elementi: pigmento + legante, generalmente gomma arabica, mentre l’acqua, da cui gli acquerelli prendono il nome, arriva solo dopo al momento del loro utilizzo. Il pigmento è la parte che determina la colorazione che vediamo. Tradizionalmente si usavano pigmenti naturali, ricavati da sostanze organiche, come le piante, oppure inorganiche, come le rocce e i minerali. Oggi però i pigmenti che troviamo negli acquerelli sono in larga parte sintetici.
Gli acquerelli presentano principalmente in godet oppure tubetti. Esistono anche altri formati come acquerelli in crema, liquidi o in formato penna/marker, ma in questa guida introduttiva ci limiteremo alle forme più tradizionali.
3. Breve storia dell’acquerello
Oggi l’acquerello è molto popolare nel mondo dell’arte ma non è sempre stato così, anzi! Nonostante esistano esempi di utilizzo dell’acquerello che risalgono all’antico Egitto, per molti secoli questa tecnica è stata considerata come “minore”, adatta solo a bozzetti e studi ma non alla realizzazione di opere finite.
Uno dei primi artisti ad esplorare le potenzialità degli acquerelli è stato Albrecht Dürer con i suoi bellissimi paesaggi, ma dobbiamo aspettare fino all’800 con artisti come Turner per vedere l’acquerello esplodere in tutta la sua bellezza e potenza, e poi ancora fino al ‘900 per vederlo entrare nelle avanguardie e diventare una tecnica sperimentale, ricca di potenzialità, un vero e proprio linguaggio con tantissime sfaccettature. Ancora oggi gli acquerelli sono classificati nelle gallerie come “opere grafiche” e quindi distinti da altre tecniche pittoriche.
4. Acquerello o acquarello?
È una domanda che si pongono molte persone. La risposta (grazie, Treccani :)) è che la variante da preferire è acquerello, in quanto è la forma più fedele al modello toscano da cui si è sviluppata la lingua italiana. In ogni caso, anche la parola acquarello (che richiama in maniera più diretta l’acqua) è considerata accettabile e molto diffusa anche nei libri e nei manuali d’arte. Il significato è comunque assolutamente identico fra le due parole.
La stessa doppia forma esiste per le parole derivate, come acquerellista/acquarellista o acquerellare/acquarellare.
Una curiosità…
L’acquerello condivide il nome con una antica bevanda a basso contenuto alcolico ottenuta dalla fermentazione delle vinacce (ovvero le bucce d’uva). L’importante è distinguerli!
PARTE 2: MATERIALI E STRUMENTI
Per iniziare non serve spendere tantissimo. Buone notizie!
In questo modo, puoi vedere se ti piace lavorare con questa tecnica e se farai un errore (capita all’inizio ma anche dopo, garantisco!) non avrai la preoccupazione costante di avere sprecato qualcosa di molto costoso. Vediamo cosa occorre.
1. Un kit di base
Pennelli: ne basta uno (buono) per iniziare
Ci sono tantissimi tipi di pennelli ma per i primissimi esperimenti secondo me ne può davvero bastare uno! Ti consiglio di procurartene uno sintetico a punta tonda. Le fibre sintetiche sono più economiche ma anche più facili da gestire ed in generale sono un’ottima opzione se si desidera evitare l’acquisto di prodotti di origine animale.
Inoltre, è importante che il pennello che scegli abbia una buona punta fine che tenga bene la forma e ti permetta anche di tracciare linee molto sottili e precise.
Parti con una misura intermedia per lavorare agevolmente su formati come l’A5 o l’A4. Ricorda che non c’è uno standard universale (la misura “10” di una marca non è per forza uguale a quella di un’altra), ma puoi consultare le tabelle per vedere lunghezza e larghezza delle setole. Ad esempio, io utilizzo spesso un pennello Princeton sintetico misura 10 (lunghezza 25.00mm – larghezza 5.87mm), che trovo adatto come misura per fare esercizi su formati di media dimensione. Questa misura è simile alla misura 14 dei pennelli sintetici Borciani&Bonazzi.
Nel tempo, potrai anche espandere la tua collezione di pennelli a punta tonda, aggiungendo un paio di pennelli di misura più grandi, un paio più piccoli e magari anche un pennello di precisione per i dettagli.
In un secondo momento, ti potrà anche essere utile anche procurarti un paio di pennelli piatti medio-piccoli, adatti a lavorare su formati A5/A4. Solo se vuoi passare a formati più grandi, ti consiglio di procurarti un pennello piatto molto largo (tipologia “spalter”).
Manutenzione dei pennelli: due accorgimenti
- quando hai finito di dipingere, sciacqua i pennelli sotto acqua corrente a temperatura ambiente o tiepida sfregandoli molto delicatamente nella direzione delle setole per togliere eventuali residui di colore e falli asciugare all’aria (io ad esempio li tengo appoggiati su uno straccio di spugna).
- non tenere mai i pennelli a testa in giù nei barattoli, anche quando contengono acqua perché questo finirebbe per piegare e rovinare la punta.
Tipologie di carta
Ecco un altro punto cruciale nella scelta dei materiali: la carta! Quello della carta da acquerello è un panorama davvero complesso e ricchissimo di opzioni, ma vediamo di iniziare ad orientarci.
In generale, la carta da acquerello si differenzia in base alla sua composizione. Le carte professionali sono fatte al 100% di fibre di cotone, altre (meno costose) hanno una composizione mista al 50% o 25%. Ci sono addirittura carte artigianali che, oltre ad essere fatte di solo cotone, seguono metodi tradizionali e manuali per la preparazione dei fogli a partire da stracci.
La seconda caratteristica che differenzia un tipo di carta da un altro ha a che vedere con il tipo di trattamento che la carta riceve durante la sua fabbricazione. Questo determina la tipologia di finitura che la carta presenta in superficie. Ci sono 3 tipologie di carta:
- Pressata a caldo (sigla HP: Hot pressed), ovvero con una superficie liscia (anche detta satinata, che non deve far pensare a qualcosa di lucido, ma indica solo che non c’è una grana superficiale visibile).
- Pressata a freddo (sigla NOT: Not Hot pressed): questa carta ha una grana fine che può essere più o meno visibile a seconda della marca. È la carta più semplice da usare perché tende ad asciugare meno rapidamente di quella liscia ma non ha una texture troppo irregolare.
- Ruvida: questa è la tipologia di carta con la grana più grossa. Viene anche chiamata torchon. Ha una trama davvero molto visibile che può creare effetti interessanti, soprattutto quando si lavora con un colore abbastanza asciutto e denso, ma può anche rendere più complicata la gestione del disegno e la nitidezza dell’effetto.
Quindi quale scelgo?
Il mio consiglio è quello di optare per un prodotto che abbia almeno il 50% di cotone nella composizione e di partire da una carta a grana fine, più facile da trattare e meno rapida ad asciugare mentre lavori.
Ad esempio, i blocchi Fabriano 5 per acquerello rappresentano una buona opzione ed offrono un buon compromesso fra costi e resa pittorica per approcciare i tuoi primi lavori.
Potresti anche optare per dei fogli sfusi (di solito venduti in formato 50x70cm) per ricavare i formati che preferisci e anche per provare a vedere come ti trovi con la carta prima di acquistare un blocco.
Una buona carta da studio
Cosa si intende per carta da studio? È una carta per esercizi, non particolarmente costosa e raffinata, che si utilizza per affinare le proprie abilità e sperimentare. È pertanto diversa dalla carta “per definitivi” che serve per realizzare dipinti e illustrazioni “finiti”.
In abbinamento ad un album o dei fogli di maggiore qualità (di cui abbiamo parlato poco fa), è dunque utile procurarsi una carta da studio che ti sarà utile per muovere i primissimi passi e, anche più avanti, per fare bozzetti ed esperimenti.
Nei cataloghi non vengono necessariamente usati questi termini ma è una distinzione che ti suggerisco per aiutarti nella scelta. In ogni caso, si può capire il tipo di carta che si ha davanti dalle caratteristiche del prodotto.
Ad esempio, i blocchi con una rilegatura più economica come quella a spirale, (si veda ad esempio il blocco Canson XL) sono pensati proprio per lo studio.
Inoltre, una buona carta da studio non deve necessariamente contenere cotone, ma è comunque importante che sia esplicitamente pensata per l’acquerello. Infatti, cartoncini bristol, carte per mixed media o per usi generici tendono a essere molto lisce e il colore tenderebbe a scivolare sulla superficie e a non distribuirsi bene o addirittura ad essere respinto dalla carta.
Attenzione alla grammatura!
Poiché anche negli esercizi utilizzerai molta acqua, è importante che il foglio abbia una buona grammatura (per grammatura si intende il peso al metro quadro della carta). Consiglio di optare per un peso dai 300gr/mq in su per evitare problemi. Carte con grammatura inferiore (es. 180-200gr/mq) possono comunque essere utilizzate, ma sono magari più adatte ad esercizi in cui si usa poca acqua, si fanno pochi strati o si coprono piccole superfici (es. preparazione di cartelle colore, esercizi di sfumatura, ecc.).
Colori: godet o tubetti?
Veniamo al punto cardine di questa guida ai materiali: i colori!
Come dicevamo all’inizio, gli acquerelli si presentano principalmente in due forme: godet e tubetti. Dal punto di vista della composizione non cambia nulla: il colore è esattamente lo stesso. Si tratta solo di un metodo diverso di confezionamento e conservazione.
Soprattutto però questi due prodotti si differenziano per le modalità di preparazione del colore. Con i godet, si bagna il pennello d’acqua pulita e si preleva del colore dal contenitore, una o più volte, fino a raggiungere la quantità di colore desiderata e la giusta diluizione. Invece, quando si utilizzano i tubetti, si spreme direttamente il colore e poi lo si diluisce.
Pro e contro
Per questo, i tubetti ti permettono di creare rapidamente maggiori quantità di colore e coprire ampie superfici. Di contro, può capitare – soprattutto all’inizio – di preparare troppo colore e non riuscire a dosare bene le quantità (anche se il colore può essere conservato e “riattivato” con dell’acqua e quindi non va sprecato). I tubetti sono spesso scelti dai professionisti anche per fare scorta dei colori che si usano più di frequente poiché offrono formati più grandi e convenienti.
Utilizzare i godet permette una maggiore facilità d’uso e portabilità: tutti i kit da viaggio o da urban sketching sono in godet e sono spesso equipaggiati di una mini tavolozza per preparare colore in piccole quantità. Inoltre, il costo di un set di colori (e quindi l’investimento iniziale) tenderà ad essere inferiore per i godet che contengono in media una minore quantità di prodotto rispetto ad un tubetto. Si tratta peraltro molto spesso di mezzi godet, ovvero piccole pastiglie di poco più di 1 cm per lato.
Quindi cosa scelgo?
In linea teorica è possibile iniziare con l’uno o con l’altro tipo di prodotto, tuttavia a mio avviso è consigliabile partire con un set di godet per la loro semplicità d’uso.
Quanti colori servono per iniziare?
Innanzitutto, due riflessioni:
- È importante poter ottenere una buona gamma di colori fin da subito ma anche imparare a miscelare i colori, e quindi non averne “troppi” già pronti.
- Inoltre, scegliere colori di buona qualità pur tenendo presenti i costi è un modo per trarre soddisfazione dal tuo lavoro anche mentre muovi i primi passi.
Una buona palette di base potrebbe contenere circa 12 colori ed è questa infatti la misura più diffusa nei set preconfezionati. Ad esempio, la serie di acquerelli Cotman di Winsor & Newton ha un’ottima qualità ed è pensata proprio per chi è all’inizio con questa tecnica.
Leggere le etichette dei colori
Lo sapevi che…gli acquerelli hanno un’etichetta, un po’ come alcuni prodotti alimentari? Ebbene sì, ed è importante consultarla soprattutto quando si comprano colori sfusi. Ogni produttore ha i suoi simboli e le sue scale tuttavia ci sono alcune informazioni ricorrenti di cui è utile conoscere il significato. Ecco le 4 principali:
- Trasparenza: indica quanto trasparente o opaco è il colore (possono essere indicati anche gradi intermedi, come semi-trasparente o semi-opaco).
- Granulazione: indica se il colore crea un effetto granulante (ovvero non perfettamente liscio e omogeneo ma con una texture caratteristice) una volta steso sul foglio.
- Lightfastness: indica il grado di durabilità del colore e quindi la capacità di resistere negli anni senza alterarsi con l’esposizione alla luce. È un parametro presente in molti prodotti artistici ed importante per chi crea opere che devono durare nel tempo.
- Staining/non-staining: indica la capacità del colore di (letteralmente) “macchiare” la carta senza poter essere rimosso. È una caratteristica legata al pigmento e non ha a che vedere con quanto il colore sia opaco o trasparente.
2. Altri strumenti essenziali
Ecco una lista di altri stumenti base che ti serviranno per iniziare.
Bicchieri
Due bicchieri o vasetti di plastica rigida o vetro, uno per l’acqua sporca e uno per l’acqua pulita, in modo da poter cambiare colore mentre si lavora senza che quello scelto successivamente si mescoli e si sporchi involontariamente col precedente.
L’ordine di lavoro è quindi sempre lo stesso: con il pennello prendi il colore, quando hai finito lo sciacqui bene prima nel barattolo dell’acqua sporca, poi in quella pulita e ora puoi proseguire con un altro colore.
Supporti rigidi
Solitamente, mentre si lavora è utile fissare il foglio ad un supporto rigido per evitare che la carta si onduli e per tenere il foglio in posizione. Per creare dei fondi vanno benissimo materiali di recupero come pezzi di cartone da scatola o tavolette di legno leggere.
Nastro da mascheratura
È il classico nastro di carta da imbiancatura o da decorazione, facilmente reperibile in negozi di belle arti, ferramenta e supermercati. Serve per fissare il foglio al fondo prima di iniziare a dipingere. Per fissare il bordo può essere utile procurarsi un nastro che sia alto circa un paio di centimetri, in modo che il fissaggio abbia una buona tenuta.
Tavolozza
Ti occorrerà una tavolozza per preparare e conservare il colore. Ce ne sono di varie forme e materiali. Per iniziare, andrà benissimo una tavolozza in plastica: quelle a fiore o circolari possono essere utili per lavorare seguendo il cerchio cromatico e vedere meglio a colpo d’occhio come si accostano fra loro i colori.
Scottex o straccio
Lo scottex serve per asciugare il pennello quando c’è troppa acqua. Per questo scopo si può anche utilizzare uno straccio spugnoso: io ad esempio ne ho uno di microfibra con superficie ruvida. Lo scottex serve però anche per togliere dell’eccesso d’acqua/colore dal foglio stesso o per correggere piccoli errori e sbavature rimuovendo il colore prima che asciughi.
Pipetta o cucchiaino
È utile procurarsi una pipetta (tipo quelle da farmacia con una cannuccia lunga) o un vecchio cucchiaino per dosare più rapidamente l’acqua, prelevandola dal contenitore dell’acqua pulita. Questo procedimento diventa importante soprattutto quando si ha bisogno di preparare un colore molto diluito.
Liquido mascherante (opzionale)
Il liquido mascherante è un prodotto utilizzato in molte tecniche pittoriche per mascherare una parte di foglio ed evitare che vi si depositi il colore. Si presenta come un liquido lievemente cremoso e viene steso con un pennello: di solito non si utilizza un pennello di qualità, ma uno “da battaglia” che si conserva proprio per questo tipo di applicazione. Una volta asciutto, è possibile stendere il colore e il liquido gli impedirà di passare attraverso. Quando il colore sarà completamente asciutto, si potrà invece rimuovere il liquido mascherante che si presenterà a questo punto come una pellicola gommosa.
È molto utile quando il disegno contiene forme molto complesse, ma non essenziale per iniziare. Scegliere di non utilizzarlo ti permetterà di imparare meglio a riempire rapidamente forme complesse senza fare affidamento a nessuna mascheratura!
Phon o non phon?
Il phon viene usato e consigliato molto spesso da chi lavora con gli acquerelli perché accelera i tempi di asciugatura fra uno strato e l’altro, ma occorre fare attenzione perché, se usato male, il pasticcio è dietro l’angolo! Se decidi di utilizzarlo, ricordati di aspettare che il colore si sia già mediamente asciugato all’aria e utilizzalo solo per la fase finale dell’asciugatura. Inoltre, tienilo a distanza dal foglio e regola intensità e calore in modo da non rischiare di muovere il colore sulla superficie della carta e creare macchie indesiderate.
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PARTE 3: TECNICHE DI BASE
1. Tecniche propedeutiche
Gestire l’acqua e preparare i colori
Entriamo ora nel vivo del tema di questa guida, ovvero come si usano gli acquerelli.
La primissima cosa da imparare è la preparazione del colore ovvero la gestione dell’acqua e della diluizione, anche per poter sfruttare al meglio le bellissime trasparenze dell’acquerello. In sintesi, più acqua metti, più il colore sarà trasparente e più ti permetterà di lavorare con tanti strati (velature, che vedremo fra poco).
Non ci sono formule chimiche da seguire, ma può essere utile prendere ispirazione da un metodo come quello dell’artista Joseph Zbukvic, che individua 5 consistenze per l’acquerello, che vanno “dal tè al burro” in base a come si presentano e quanta acqua contengono.
Ogni consistenza ha dei suoi utilizzi specifici: dipende da che effetto vuoi ottenere!
Scopri qui tutti i segreti della diluizione del colore.
Imparare a usare il pennello
Un’altra cosa importante all’inizio è familiarizzare con il pennello (a meno che tu non abbia già esperienza con altre tecniche che ne fanno uso). Sembra un aspetto banale ma non lo è e ci sono dei piccoli accorgimenti che possono fare davvero la differenza. In particolare:
- Tieni il pennello con la punta delle dita, in una posa non rigida e lasciando dello spazio tra le dita e le setole.
- Esercitati a stendere il colore sia con “il “corpo” delle setole che con la punta del pennello (creando dunque sia tratti larghi che sottili), seguendo contorni prima semplici e poi complessi e imparando a stare sulla riga.
- Ricorda che il movimento della pennellata può partire dal polso, dal gomito o dalla spalla a seconda di quanto è ampio il segno che stai tracciando: il polso ti abituerà a gestire i tratti più brevi, il gomito quelli intermedi e la spalla le pennellate più ampie. Impara a fare perno nel punto giusto, tenendo fermi gli altri due “snodi”.
- Abituati a ruotare il foglio mentre lavori in modo che le pennellate seguano sempre l’andamento naturale dei tuoi movimenti, a seconda della mano che usi.
Approfondisci l’uso del pennello con esercizi e accorgimenti specifici!
2. Le tecniche base dell’acquerello
Cosa sono le velature?
In gergo acquerellistico, la parola “velatura” (in inglese “glazing”) indica la stesura di uno strato di colore su uno strato sottostante già asciutto. Nel complesso, un’illustrazione potrà essere fatta di tante velature che, strato dopo strato, danno corpo e opacità al disegno nei punti giusti.
Non è detto che tutte le velature siano realizzate con la stessa tecnica.
Vediamo ora le 3 tecniche principali.
Bagnato su asciutto
In questa tecnica si stende del colore (bagnato) sul foglio asciutto. Potrebbe trattarsi del foglio ancora immacolato oppure di un foglio su cui ci sono già uno o più strati di colore che sono asciugati. In ogni caso, è importante che la base di partenza sia perfettamente asciutta. Questo genera dei contorni nitidi e ben visibili.
Bagnato su bagnato
In questa tecnica si stende invece del colore (bagnato) sul foglio bagnato. Si procede bagnando il foglio con acqua pulita e poi aggiungendo il colore all’interno della superficie bagnata. Questo genera contorni sfocati ed effetti di diffusione molto interessanti. Nuovamente, questa tecnica si può utilizzare sia su un foglio ancora bianco che con uno strato sottostante già dipinto, ma in questo secondo caso si deve fare molta attenzione perché lo strato sottostante si potrebbe in parte rimuovere e quindi potrebbe essere meglio non eccedere con l’acqua.
Un consiglio: se dopo avere steso lo strato d’acqua, la carta ti sembra davvero molto impregnata, aspetta un attimo in modo che si asciughi lievemente per evitare che il colore che aggiungi vada ovunque senza controllo. Idealmente, la bagnatura deve creare uno strato uniforme ma leggero, come un velo d’acqua. Puoi inclinare la testa e guardare il foglio in controluce per vedere quanto è bagnato.
Continua a sperimentare: prova a variare la densità del colore che aggiungi al foglio bagnato per vedere che effetti di diffusione creano, oppure utilizza due colori anziché acqua pulita e un colore.
Asciutto su asciutto
Ebbene sì, esiste anche questa opzione. Cosa intendo? Asciutto su asciutto indica l’utilizzo di pennellate con pochissima acqua su un foglio perfettamente asciutto. Questo creerà delle pennellate molto particolari, in cui la traccia delle singole setole sarà maggiormente visibile. Può essere interessante per creare un effetto “calligrafico” oppure per creare una texture molto particolare.
Creare sfumature omogenee
Ecco un’altra tecnica che ti potrà essere utile fin da subito per realizzare i tuoi primi lavori: la sfumatura. Vediamo come creare un fondo omogeneo sfumando due colori, ad esempio, un giallo ed un rosso.
Prendi un foglio e fissalo ad un fondo. Sarà sufficiente un formato A5. Orientalo tenendo verso l’alto il lato in cui prevedi di mettere il colore più chiaro, in questo caso il giallo: questo renderà il tutto più facile, dato che con l’acquerello si può scurire ma non schiarire. Prepara i due colori, poi prendi un pennello abbastanza largo per coprire la superficie del foglio in agilità. Lavorando su una dimensione relativamente piccola, puoi utilizzare sia un pennello tondo che uno piatto. Avere a disposizione un pennello piatto di grande misura ti sarà invece molto utile quando dovrai coprire il fondo di fogli molto più grandi in maniera omogenea.
Inizia a stendere il giallo con linee orizzontali. Tieni il foglio lievemente inclinato verso di te mentre lavori in modo che il colore tenda a scendere e fare accumulo verso il basso, aiutandoti a proseguire. Non inclinare troppo per evitare che la goccia coli giù. Quando ⅓ della superficie è coperta di giallo, preleva un pochino di rosso senza pulire il pennello e riempi la fascia intermedia. Infine, intingi nuovamente il pennello nel rosso e completa la sfumatura.
Ripeti l’esercizio con altri colori più distanti fra loro per luminosità e posizione sul cerchio cromatico, come ad esempio il giallo e il blu, in modo da aumentare un po’ la difficoltà dell’esercizio.
Prova anche a creare sfumature dal bianco al colore pieno. Il principio è lo stesso ma invece che partire con il colore più chiaro, parti con dell’acqua pulita e, mentre scendi verso il basso, aggiungi colore sempre più denso.
Allenati a riempire campiture grandi e piccole utilizzando pennelli di diverse dimensioni.
3. Creare textures con l’acquerello
L’acquerello offre possibilità davvero infinite che non si limitano soltanto alle tecniche che abbiamo visto fin qui. Ci sono tantissimi metodi con cui si possono creare textures ed effetti di superficie interessanti, dal sale al liquido mascherante, passando per la pellicola e la carta vetrata.
L’argomento ti incuriosisce?
Dai un occhio qui per saperne di più oppure scarica qui sotto il libretto “Textures ad acquerello”. Troverai tanti accorgimenti e suggerimenti che nascono da un percorso di sperimentazione personale con una varietà di materiali e strumenti di uso comune.
TEXTURES AD ACQUERELLO:
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PARTE 4: PARLIAMO DI COLORE
1. Capire il colore: un’introduzione
Il colore è uno degli aspetti più complessi di qualsiasi tecnica pittorica ed è un ambito che interessa tantissime discipline: arte, neuroscienze, psicologia, biologia, … chi più ne ha più ne metta! Ma partiamo dalle basi.
Quando diciamo “colore” intendiamo in realtà un’entità che è un’insieme di varie caratteristiche ed è importante capirle a fondo. Ecco 3 termini che si possono usare per descrivere un colore:
1. Tonalità
La tonalità è il nome che comunemente diamo ai colori, quello che ci permette di distinguere un “rosso” da un “verde”, anche se ovviamente le tonalità sono molte di più dei nomi che usiamo tutti i giorni. Questo aspetto va di pari passo con la posizione del colore sul cerchio cromatico. All’interno del concetto di tonalità troviamo il concetto di “temperatura del colore”, su cui torneremo tra pochissimo.
2. Chiarezza
Il termine chiarezza indica il grado di luminosità di un colore se confrontato con la scala dei grigi (ovvero con il range che va dal nero al bianco). Ad esempio, un giallo oro avrà una luminosità molto maggiore di un blu di prussia, in quanto il primo corrisponderà alla luminosità di un grigio chiaro, il secondo a quella di un grigio scuro. Questo aspetto impatta proprio sull’impressione di luminosità o oscurità che si ha guardando un’immagine.
3. Saturazione
La parola saturazione indica quanto intenso sia un colore. Ci dice cioè se il colore che stiamo guardando è “puro” oppure se contiene al suo interno del bianco, del grigio, o del nero che ne riducono la saturazione. Nel complesso, la saturazione determina quanto “vivace” o “spenta” ci appare un’opera.
Le combinazioni sono davvero infinite e lavorare con il colore all’inizio può creare un gran senso di confusione, ma proprio per questo il mio consiglio è quello di partire sperimentando un poco alla volta, studiando la teoria ma anche capendo nella pratica come diversi colori reagiscono quando vengono accostati.
2. La temperatura del colore
Lo sapevi che i colori hanno anche una loro temperatura? Magari ti sarà capitato di sentir parlare di colori caldi e freddi e anche di sentir dire che alcuni colori sono in assoluto caldi (come il rosso) o freddi (come il blu). La realtà è però molto più complessa. Innanzitutto con il termine temperatura, si intende la temperatura percepita di un certo colore, che può essere anche influenzata dal contesto in cui lo vediamo.
Infatti, se in senso assoluto, guardando il cerchio cromatico, la zona dei blu ci apparirà più fredda rispetto alla zona dei rossi, è anche vero che guardando al range dei blu, ci sarà possibile individuare sia dei blu caldi che dei blu freddi.
Non ci credi? Dai un occhio ai due colori qui di seguito, entrambi presenti nel set base di acquerelli Winsor&Newton Cotman per studenti.
La stessa cosa può valere per tutti e 3 i colori primari, ovvero per ciascuno è possibile individuare sia una versione calda che una fredda.
Quali sono dunque i veri colori primari e come facciamo a riconoscerli?
Come vedrai fra poco, non è questa l’unica complicazione che si incontra quando si parla di colori.
3. Quali sono i veri colori primari?
Nella formazione artistica, si dice spesso che “rosso, blu e giallo” sono i 3 colori primari, ovvero quei colori che non possono essere ottenuti dalla miscela di altri e che, miscelati in proporzioni diverse, danno origine a tutti i colori possibili. Ma come abbiamo appena visto, definire i colori primari è più complesso di quello che sembra perché gradazioni e tonalità sono davvero tantissime.
Inoltre, miscelando giallo, rosso e blu spesso non si ottiene facilmente una gamma vasta di colori, come ben sa chi abbia già tentato l’impresa. Come uscire da questa impasse?
La pittura è un sistema imperfetto
Innanzitutto, è importante ricordare che nella pittura si lavora con materiali analogici e, in quanto tali, imperfetti, molto differenti dai colori “teorici” ed estremamente variabili. Nonostante questa premessa, la teoria ha comunque un validissimo ruolo di guida: e infatti possiamo affidarci a due sistemi di riferimento: il sistema RYB (red-yellow-blue), che appunto identifica rosso, giallo e blu come primari, ma anche il sistema CMY (cyan, magenta, yellow), che invece parte da ciano, magenta e giallo per la miscelazione dei colori (usato anche negli inchiostri per stampanti, insieme al nero.
Cosa cambia fra i due sistemi?
– Il sistema RYB si basa sulla versione “calda” dei tre primari, il sistema CMY su quella “fredda”.
– Miscelare i colori a partire dai primari CMY aiuta a creare colori più brillanti
Soprattutto, è interessante guardare a questi sistemi come complementari e sperimentare con entrambi (tenendo sempre presente che ogni pigmento e marca di acquerelli potranno dare una resa diversa).
Non a caso esistono set di acquerelli, come quello proposto da Daniel Smith, che uniscono proprio la triade calda e quella fredda in un’unica confezione per consentire massima varietà. Inoltre, è comune trovare indicati quali siano i primari caldi e freddi per una certa marca, come fa ad esempio Winsor&Newton. In altri casi, si troverà indicato un solo set di primari, nella mia esperienza più frequentemente si tratta di colori “freddi”, come nel caso degli acquerelli Van Gogh.
4. Per iniziare: miscelare i colori
Non c’è modo migliore per familiarizzare con il colore che provare ad utilizzarlo! Procurati i tre primari, se possibile sia nella versione calda che in quella fredda, oppure parti semplicemente dalle tonalità che hai, avvicinandoti il più possibile alle due triadi primarie.
Inizia con i gialli e i rossi.
Preparali in vaschette diverse. L’esercizio consiste nel fare gradazioni della varie combinazioni possibili: giallo freddo + rosso caldo, giallo freddo + rosso freddo (magenta), giallo caldo + rosso caldo, giallo caldo + rosso freddo (magenta).
Parti dalla prima coppia. Su un foglio, fai un pallino giallo (freddo). Ora preleva del colore giallo e mettilo in una terza vaschetta, poi preleva una piccola punta di rosso (caldo) e miscelalo. Dipingi un pallino accanto a quello giallo che hai precedentemente preparato. Ora aggiungi un’altra punta di rosso e dipingi un altro pallino. Vai avanti così finché non arriverai ad ottenere un rosso caldo puro e la gradazione sarà completa. Cerca di ottenere almeno 3-4 gradazioni intermedie.
Ripeti lo stesso esercizio per tutte le combinazioni e con le altre due coppie di primari caldi e freddi. Ora osserva il risultato, nota le differenze e quali colori è stato più difficile ottenere.
5. Risorse utili per imparare
Eccoci in fondo a questa guida!
Spero che ti sia stata utile e abbia stimolato la tua curiosità, ma soprattutto che ti abbia fatto venire voglia di metterti subito a dipingere. Non c’è scelta migliore che mettere le mani in pasta e provare a mettere in pratica quello che si è imparato!
Ti lascio con una piccola bibliografia per approfondire la tecnica dell’acquerello.
L’uso dei colori nell’acquarello, Julie Collins
Corso di sopravvivenza all’acquarello, Valentina Scagnolari
Acquarello creativo e altri materiali, Ana Victoria Calderòn
Lezioni di acquerello giapponese, Ayano Otani
Creatività con gli acquarelli. Esplora, sperimenta e rilassati. Terry Runyan
Hai dubbi o domande o anche solo un tema da suggerirmi per rendere questa guida più completa? Fammelo sapere nei commenti!
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