“A perdifiato” è un’illustrazione che ho realizzato durante il corso di selezione per la 42esima edizione de “Le Immagini della Fantasia” presso la Scuola Internazionale di Illustrazione della Fondazione Štěpán Zavřel di Sarmede. In questo post vi racconto la storia di come è nata e, nella seconda parte, come l’ho sviluppata da un punto di vista tecnico. Buona lettura! 🙂
Parte 1 | Gatti, galline e dintorni
Estate 2024, fine Giugno.
Sono arrivata a Sarmede per il corso di selezione quasi senza pensarci. Mi ero ripromessa di fare un brainstorming, degli sketch, magari leggere qualcosa sul tema del corso, ma poi chissà quale impegno si era messo per traverso.
E così mi sono trovata il giorno prima di partire semplicemente ad impacchettare tutti i miei materiali (che naturalmente occupavano gran parte del bagaglio a discapito di una misera tasca riservata a qualche vestito e allo stretto indispensabile) e ad accettare che avrei fatto dell’improvvisazione una mia fidata compagna per la settimana.
Essendo la mia seconda volta a Sarmede, mi ha accolta un’atmosfera famigliare, mista ad un insieme di sensazioni contrastanti da primo giorno di scuola: la curiosità di conoscere compagni e compagne di viaggio, l’anticipazione di un’avventura ricca di sorprese ma anche di potenziali difficoltà , l’entusiasmo di poter imparare da un’artista di talento come Joanna Concejo, la preoccupazione di non essere all’altezza, tutto mescolato nel tempo d’un caffè che separa la colazione dall’inizio delle attività.
Sulla soglia dell’aula, mi accoglie la gatta di paese, con la pancia all’insù. Non so perché, ma ho sempre l’impressione che i gatti siano portatori di un qualche messaggio o presagio. Non saprei dire di cosa si tratta, non penso si possano “leggere i gatti” come si leggono i tarocchi, ma i felini mi danno sempre l’impressione di avere accesso ad una dimensione del reale preclusa agli occhi umani. E così, lascio che una vigorosa grattata di pancia diventi per me un chiaro messaggio dall’altrove: abbi fiducia, lasciati andare, ne varrà la pena.
Inizia l’avventura, ci immergiamo. Joanna Concejo ci accoglie, e ci introduce alle attività della settimana. Svilupperemo delle illustrazioni intorno al tema del gioco, partendo da noi, dal nostro pensiero, dal nostro vissuto.
Ma che cos’è per me il gioco?
Difficile rispondere.
Il gioco è tante cose, grandi e piccole: uno stato d’animo e un passatempo, una filosofia di vita e un istinto, un esercizio di libertà e un diritto. È anche qualcosa di sempre meno presente nella vita delle persone, merce rara in una società che rifiuta ormai ogni forma di improduttività.
No, però, sto sbagliando domanda.
Che cos’è PER ME il gioco, davvero?
Ancora più difficile rispondere.
Posso solo rispondere attraverso degli esempi: le biglie che da piccola mi incantavo a guardare perché mi sembrava contenessero mondi immaginari, quella volta in cui io e la mia amica Marina giocammo a cercare le astronavi aliene in cortile, certe che le avremmo trovate. Oppure la mia scatola di latta rossa a stelle oro in cui riponevo i miei giocattoli, o ancora le corse, i salti e le acrobazie al parco giochi. Difficile trovare una traccia.
Joanna Concejo mi incoraggia, ci incoraggia: bisogna continuare a cercare. Come? Semplicemente disegnando, mettendo su carta ogni possibilità che ci passa per la mente e dandole forma. Dare forma ad un’immagine passa per un dialogo tra noi, la matita ed il foglio e si può trovare la strada solo provando a percorrerne molte.
I primi sketch sono soprattutto ricordi d’infanzia, dettagli, momenti ripescati nella memoria. Butto fuori un po’ di tutto, senza un filtro. Poi inizio a concentrarmi sui soggetti che catturano maggiormente la mia attenzione e creare variazioni sul tema, giocando con il soggetto, la composizione o l’inquadratura.
Peró manca ancora qualcosa, sento che la mia ricerca non è ancora andata a fondo come vorrei.
La settimana si snoda tra sessioni di disegno e momenti collettivi in cui Joanna Concejo ci racconta del suo lavoro, dei suoi libri e progetti, con grande naturalezza, mostrandoci come nell’illustrazione una profonda ricerca interiore possa comunque andare di pari passo con la leggerezza, la voglia di giocare e sperimentare attraverso le immagini.
Ad un certo punto ci dà dei consigli su come superare eventuali blocchi creativi e ci invita a mettere su carta anche le idee più assurde o magari cose che non ci sembrano inerenti al tema del gioco. Per fare un esempio, ci dice qualcosa sulla falsariga di “se, per dire, vi viene in mente una gallina e avete bisogno di buttar fuori questa idea, forse è meglio disegnarla e poi andare avanti”.
Mi si accende una lampadina.
Non solo per il consiglio prezioso, ma soprattutto perché tutt’a un tratto mi viene una gran voglia di disegnare galline.
Se i gatti sono presagi, allora le galline sono…non saprei…semplicemente mi incuriosiscono per la loro espressività e il loro modo di muoversi, i loro rituali… nonostante come società le abbiamo relegate in degradanti stereotipi di vario tipo (o, peggio ancora, utilizzate per battute sessiste).
Va forse detto a questo punto che il mio interesse per questa pennuta specie arriva da lontano: fin da bambina, mi è sempre piaciuto fermarmi a guardarle nonché provare a stabilire un dialogo, tant’è che ho imparato a riprodurne il verso in modo piuttosto preciso (sì, a volte mi rispondono) e, grazie alle mie ricorrenti e rumorose performance imitative, sono stata la causa del fatto che “gallina” sia stata tra le prime parole pronunciate da mio nipote.
Dunque ho raccolto al volo questo inaspettato spunto creativo, disegnando galline in varie pose e con diverse espressioni, ma anche provando a chiedermi come giocano le galline e a cosa giocano. Di nuovo si è aperto un mare di possibilità che ho esplorato in un ciclico disegnare, ricalcare, ritracciare, variare: galline che giocano fra loro, con i pulcini, con gli umani, galline grandi e piccole, …avrei potuto continuare all’infinito, ma era tempo di scegliere.
Guardando ai miei sketch, ce n’era uno che mi divertiva particolarmente: una gallina intenta a correre a gambe levate, l’occhio sbarrato e lo sguardo fisso. Mi sono chiesta quale storia di gioco potesse nascere intorno a questo personaggio e, combinando insieme vari elementi e spunti, ha preso forma il soggetto della mia illustrazione: una gallina gigante che porta sulla sua schiena un gruppo di bambini che, appesi in una catena umana e in balìa del vento, si divertono come pazzi.
Se ripenso al mio percorso, l’idea che ha vinto su tutte è stata semplicemente la più divertente, quella che a colpo d’occhio raccontasse la storia più convincente, quella forse più in linea con la mia esperienza di gioco durante l’infanzia, libera e selvaggia.
Alla fine, guardando il mio disegno, guardando la gallina che corre a perdifiato e i bambini assorbiti da un gioco sfrenato, mi rendo conto che quella che ha giocato più di tutti in realtà oggi sono io.
Parte 2 | Tecnica e processo
Qui di seguito puoi trovare alcune note sul processo che ho seguito per realizzare la mia illustrazione.
01
Trovare la giusta composizione è stato molto importante. Volevo che il disegno raccontasse bene l’idea di una corsa pazza e sfrenata con delle linee molto dinamiche. Quindi, da un punto di vista compositivo, ho dovuto lavorare molto sulle linee del disegno.
La prospettiva in questo caso è semplice e molto frontale, ma ho provato diverse inclinazioni del terreno e di tutti gli altri elementi del disegno (il dorso della gallina, il corpo dei bambini) fino a trovare il giusto bilanciamento.
02
Anche i bambini hanno inclinazioni diverse e ho lavorato a più riprese per aumentare la dinamicità di questa parte del disegno variando non solo l’inclinazione (verso destra o verso sinistra) ma anche la rotazione dei corpi.
In alcuni casi, infatti, i bambini vengono verso chi guarda, in altri sono paralleli o ruotati all’indietro, come se il vento li stesse davvero facendo volare in tutte le direzioni.
03
La gallina doveva avere la giusta espressione, un po’ sconvolta e stralunata e doveva anche essere chiaramente in corsa.
Ho disegnato più volte le zampe fino ad ottenere la giusta apertura (un po’ irrealistica per le regole anatomiche dell’animale, ma efficace) e la giusta posizione degli artigli: nella versione finale, quelli posteriori si curvano verso l’altro per dare un’idea di accelerazione.
04
Volevo che la mia illustrazione fosse imbevuta di una luce solare, estiva, gioiosa. Per scegliere lo schema colore, mi sono affidata all’impressione che l’estate ha sempre avuto su di me, come una coltre di calore, un manto che avvolge tutto di una luce gialla, rovente, a tratti soporifera.
Da qui l’idea di un sottotono ad acquerello giallo-verde e azzurro, per far sì che ci fosse un accenno di realismo, a cui si sono poi aggiunti il rosso e il blu a contrastare e dare corpo ai soggetti, accompagnati da vari toni di marrone, nuovamente per richiamare colori “terrestri”.
05
Volevo infine che il paesaggio fosse accennato ma presente: questa storia si svolge in un luogo reale per quanto un po’ trasfigurato dalla foga del gioco. Ho provato a realizzare lo sfondo incidendo delle linee con un punteruolo e passandoci sopra del pastello (sperando che le linee restassero bianche) ma ho notato che questo accorgimento funzionava solo con la matita di grafite.
Ho quindi optato per delle forme appena accennate con il pastello.
Work in progress VS illustrazione finita
E invece, che cos’è per te il gioco?
Fammelo sapere nei commenti, insieme ad eventuali domande e curiosità! 🙂